“Ho dipinto il muro della vergogna affinché la libertà non sia più vergogna. Questo popolo ha scelto la luce dopo anni di inferno dantesco: tieni, Berlino, i miei colori e la mia fede di uomo libero.” Fulvio Pinna, Berlino 1989-1990.
Questa citazione dipinta su una sezione di muro conservata nell’East Side Gallery, il più famoso museo a cielo aperto di Berlino, è, a mio parere, perfetta per comprendere ciò che gli abitanti della capitale tedesca hanno passato nei 28 anni dopo la costruzione della barriera d’isolamento e la gioia provata dopo il crollo di essa.
Il 9 novembre 2019 sono stati celebrati i 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, il quale, creato il 13 agosto 1961, aveva lo scopo di fermare le emigrazioni da Berlino Est, controllata dal regime comunista. In occasione dell’anniversario è stata organizzata dalla scuola una conferenza tenuta da Tommaso Speccher, storico ricercatore, docente e responsabile del progetto “Berlincolor”, agenzia turistico-culturale operante in Germania, che, durante il suo intervento, ha ripercorso le tappe antecedenti il 1961, a partire dall’Ora Zero, la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il relatore, contraddistinguendosi sempre per la sua chiarezza e per la sua capacità di coinvolgimento, ha spiegato poi i passaggi che portarono allo scoppio della Guerra Fredda nel 1946 e alla nascita della ”cortina di ferro”, locuzione utilizzata per la prima volta da Churchill per indicare la divisione dell’Europa in due parti: quella occidentale sotto l’influenza angloamericana e quella orientale controllata dall’Unione Sovietica. Dal 1949, anno della nascita delle due Germanie (BRD a ovest e DDR a est), vari avvenimenti quali ad esempio il Patto Atlantico NATO e il Patto di Varsavia accentuarono le differenze tra i due blocchi europei, sancite definitivamente nel ’61 con la costruzione del muro. Non si trattava però semplicemente di un insieme di mattoni, bensì quello che oggi è il simbolo della capitale tedesca una volta rappresentava una barriera insormontabile: chiunque tentasse di oltrepassarlo veniva giustiziato dalle guardie sempre vigili oppure ferito a morte dal filo spinato.
Il muro è stato per molti anni un edificio del terrore, della paura, un luogo in cui differenze sociali e politiche eclissavano la vera natura dell’uomo, caratterizzata da solidarietà e empatia: solo nel ’89 il luogo in cui sorgeva questa struttura è diventato emblema di unione e di gioia. Grazie alle parole di Tommaso Speccher, ci è stata data la possibilità di comprendere meglio le diverse fasi della storia della Germania che l’hanno portata ad essere lo stato potente che è oggi e di capire il dolore di tutti coloro a cui sono stati portati via gli amici, la famiglia e una parte di vita.
Letizia Bet, 5CT
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