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  • La redazione

Monitoraggio scuole e Covid 2021: intervista al Dirigente scolastico

A metà marzo è stato pubblicato dalla Regione Veneto il report “monitoraggio scuole e Covid-19” che presenta i dati della diffusione del virus all’interno delle scuole della nostra regione, sia fra studenti che fra personale scolastico, nel periodo dal 7 gennaio al 4 marzo 2021. Dal report è evidente che le scuole che hanno avuto più contagi sono quelle che non hanno adottato la didattica a distanza, ma sono rimaste aperte sin dall’inizio, ci riferiamo quindi alle scuole elementari, alle medie e agli asili. Non appena però sono state riaperte le scuole superiori, ovvero in Veneto a partire dal 1^ febbraio, seppur al 50%, i contagi sono arrivati anche nella scuola secondaria di 2°; per esempio, nell’ultima settimana presa in considerazione dal monitoraggio, ovvero alla data del 4 marzo, il numero degli studenti delle superiori positivi era di 248 dato che rappresenta il 26 % sul totale dei contagi nelle scuole della regione Veneto.

Su questi temi, abbiamo quindi rivolto alcune domande al nostro Dirigente scolastico, per capire cosa ne pensi dei contagi elevati negli istituti, se sia giusto o no tenere aperte le scuole, sui tamponi e sui mezzi di trasporto utilizzati da noi studenti per recarci a scuola.

Come mai la scuola, pur essendo considerata dalla precedente ministra Azzolina un luogo sicuro ai fini della non trasmissione del virus, è stata poi chiusa in tantissime regioni d’Italia, perché rivalutata come uno dei principali luoghi di diffusione?


A questa domanda il preside risponde concordando con l’idea della ex ministra Azzolina. Egli afferma, infatti, che la scuola di per sé è un luogo sicuro, con i giusti protocolli e le adeguate disposizioni. Aggiunge che secondo lui bisognerebbe focalizzarsi all’esterno della scuola, poiché è proprio qui che si creano gli assembramenti, per esempio nei trasporti e nei luoghi in cui il rispetto delle regole è poco praticato. Per quanto riguarda l’ambiente scolastico in sé, lui sostiene che i casi di infezione provengano in realtà dalle famiglie e non dall’interno dell’istituto. Peraltro, i pochi casi che ci sono stati non sono riusciti a trasmettere il virus agli altri compagni. Ad esempio, nella classe 2^FT è risultata positiva un’alunna, ma non ha contagiato nessun altro. Il preside ha riportato tra l’altro un esempio di comportamento scorretto avvenuto appena fuori dall’istituto: “un giorno ho avvistato delle alunne di quinta superiore che dovevano entrare a scuola e, prima di spegnere la sigaretta, una ragazza l’ha passata all’altra per farle fare un tiro”.

Osservando i dati dei casi di studenti positivi al virus in Veneto il 4 di marzo, abbiamo notato che erano 248 delle superiori e 212 delle medie, che corrispondono rispettivamente al 27% e al 23% del totale (928 casi). Pensa quindi che sia stato opportuno tenere le scuole aperte o sarebbe stato preferibile andare in DAD prima? Altra possibilità poteva essere rimanere a casa più a lungo, anche a febbraio e marzo, per riaprire magari più serenamente ad aprile.


In risposta, il preside ci fa notare prima di tutto che per capire l’incidenza degli studenti positivi delle medie e delle superiori, fosse necessario fare una correlazione sul totale della popolazione veneta e non, semplicemente, sul totale dei positivi nelle scuole.

“Penso che l'incidenza dovesse essere proiettata non sul numero di casi totali, ma sul totale della popolazione Veneta. Cioè in che percentuale si pone questo numero di studenti rispetto alla popolazione totale. Questo ci avrebbe dato un'altra visione del problema. Le statistiche possono dire tutto e il contrario di tutto, dipende da come le si guarda […] Abbiamo un 27 % di persone di una fascia che va dai 14 ai 18 anni, ma abbiamo preso visione solo del dato in valore assoluto che poi ho trasformato in percentuale, ma non ho capito le cause.” 

Secondo il dirigente, quindi, bisogna capire se il problema sia la scuola, la famiglia o la società. Ovvero se semplicemente i contagi sorgano all’esterno della scuola e poi vengano trasferiti all’interno, come spiegato prima. Se uno studente non è il primo nel suo nucleo familiare a risultare positivo al Covid, è troppo facile e ingiusto riversare le colpe sull’istituto.

La terza domanda riguarda invece i piccoli gruppi di alunni che hanno continuato ad andare in presenza alternandosi (per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, n.d.r.) alcuni giorni alla settimana sia durante la didattica al 50%, che durante la chiusura totale delle scuole.


I dati riguardanti i casi positivi tra gli studenti delle superiori nel periodo che va dal 7 gennaio al 4 marzo, nelle scuole secondarie di II erano pari al 19,70% sul totale, periodo in cui in realtà siamo stati a casa oppure a scuola al 50%. Tenendo conto di questi elementi, non pensa che sia rischioso continuare a mandare a gruppi alcuni alunni per classe, come è successo nella nostra, mentre il resto delle classi resta a casa? 

Il dirigente mette in evidenza che, se un gruppetto segue le lezioni in presenza, ciò non è un pericolo all’interno della scuola se si rispettano le tre regole principali: mascherina, distanziamento e igiene delle mani. Conclude la risposta con questa riflessione: “Andare a scuola è molto importante per molti aspetti, ad esempio per socializzare, per l’educazione e l’istruzione. Ci ammaliamo di tante malattie, non solo del virus; stare davanti al computer per molte ore è deleterio. Di conseguenza, noi esseri umani dovremmo assumerci dei piccoli rischi per avere in cambio dei benefici.”

In base ai dati del 4 marzo, gli studenti positivi alle superiori sono circa il 27%. Secondo la sua opinione, i trasporti sono dei mezzi che provocano un alto rischio di contagio?  Ci sono, infatti, studenti che frequentano istituti diversi che possono disseminare il contagio trovandosi negli stessi pullman? È possibile, secondo lei, ridurre i contagi mandando in presenza meno studenti? 


Il preside mantiene la sua linea di difesa della scuola, affermando: “In realtà no, i contagi non si riducono mandando in presenza meno studenti, ma rispettando tutti le regole, e vi deve essere permesso di rispettarle. L’azienda dei trasporti MOM – con cui i dirigenti si sono confrontati - ha infatti messo a disposizione più corse per gli studenti, proprio perché all’interno delle corriere ci fosse un maggiore distanziamento.”

La penultima domanda riguarda il fatto che, in caso di scoperta di un caso positivo all’interno di una classe, gli alunni vengono messi in isolamento fiduciario, senza fare subito il tampone.


Attualmente gli studenti delle classi messe in quarantena, come la nostra, non effettuano subito il tampone, nonostante circa il 58% dei positivi sia asintomatico, secondo quanto riportato da fonti ufficiali. Non sarebbe invece giusto effettuare subito il tampone a tutti? Lei cosa ne pensa? 


Secondo il nostro dirigente scolastico il servizio sanitario è oberato di lavoro e deve effettuare un numero enorme di tamponi tutti i giorni, quindi probabilmente per motivi organizzativi questi vengono fatti dopo il periodo di quarantena. Infatti, se i tamponi venissero proposti immediatamente a ogni classe in cui è presente un positivo, il servizio sanitario si ritroverebbe pieno di persone. In questo modo l’ULSS cerca di tenere sotto controllo la situazione. 

Infine, ecco l’ultima domanda che riguarda una scelta importante, messa in atto dal nostro istituto:


La nostra scuola, al rientro in presenza al 50% previsto dal Governo dagli inizi di febbraio, ha scelto di far frequentare il 50% delle classi e non la stessa percentuale degli studenti all’interno delle classi. Perché questa scelta? Sappiamo che in altri istituti è andata diversamente. 

Difronte a questa domanda, il preside ha replicato ribadendo un concetto già espresso con convinzione: il problema dell’infezione non è all’interno, ma all’esterno dei cancelli della scuola; inoltre aggiunge che mandare il 50% di studenti di una classe o il 50% delle classi a scuola non cambia il totale dei numeri.

“I contagi avvengono all’esterno della scuola, perché fuori le persone sono maggiormente portate a non rispettare le regole, abbracciandosi, dandosi baci e così via, in questo modo c’è una diffusione dell’infezione maggiore… Devo dare agli studenti un livello di istruzione adeguato, devo fare in modo che il docente sia quanto più efficiente possibile”. Il preside aggiunge di aver scelto quindi questa alternativa per evitare difficoltà di relazione tra docente e studenti, perché per un insegnante è difficile e stancante seguire contemporaneamente le due parti della classe in modalità differente. La proposta di mandare il 50% delle classi in presenza è stata poi discussa dal Collegio Docenti, che è l’organo decisionale più alto all’interno della scuola, che ha votato in maniera democratica e alla fine ha approvato tale proposta.

Conegliano – 26 marzo 2021 Classe 2^ FT




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