N.B.: nel rispetto dei parametri del concorso, tutti i testi sono proposti nell'originale presentato dalle concorrenti e quindi non sono stati modificati ai fini della pubblicazione.
Spesso ci imbattiamo in espressioni come parità di genere ed emancipazione femminile ma nella nostra società possiamo dire veramente di averle raggiunte? Siamo gli eredi di una storia scritta da uomini, veniamo da secoli e secoli di assoluto patriarcato, un sistema sociale in cui il genere maschile detiene il potere e predomina in ruoli di leadership politica, autorità morale e privilegi sociali. Basti pensare che in Italia, le donne hanno ottenuto il diritto di voto soltanto nel 1946 e che per la prima volta sono state chiamate ad esprimere il loro pensiero e ad uscire dagli schemi della vita domestica a loro imposta. Da quella data in poi, il genere femminile ha iniziato ad acquisire sempre più diritti, un passo alla volta ma come si può favorire una nuova mentalità più aperta nelle donne se per secoli sono state segregate in casa nel ruolo di madri e a svolgere le faccende domestiche?
Le donne NON hanno gli stessi diritti degli uomini e lo si può facilmente vedere sul piano lavorativo dal momento che spesso non è garantita la parità di retribuzione a parità di tempo e qualità del lavoro svolto come sarebbe invece previsto nell’articolo 37 della nostra Costituzione. È inoltre stabilito che le condizioni di lavoro devono consentire alla donna lavoratrice di adempiere alla sua funzione familiare e purtroppo tante volte non è così.
Spesso infatti accade di sentire notizie di donne che si sono dovute licenziare per portare avanti la maternità e inoltre una mamma dopo il parto ha diritto a tre mesi di astensione dal lavoro, il che implica la successiva necessità di collocare il neonato in un asilo nido.
Un altro problema sociale è che molti di noi fin dall’infanzia sono stati cresciuti con il peso degli stereotipi di genere: chi regalerebbe una tutina rosa o una bambola a un bambino? E chi delle macchinine ad una bambina?
Un passo da compiere verso il raggiungimento della parità di genere sarebbe proprio quello di eliminare queste distinzioni dalla mente dei bambini per fare in modo che da adulti non replichino gli stessi comportamenti.
Per non parlare della violenza di genere che è purtroppo un fenomeno molto diffuso e che secondo le statistiche colpisce quasi sempre le donne.
Donne considerate inferiori e da sottomettere, mogli costrette ad ubbidire ai loro mariti sotto minacce e percosse, donne che hanno il timore di denunciare il compagno violento o che non lo fanno perché ritengono di esserne troppo innamorate. Ma l’amore non è impetuoso e aggressivo, l’amore è quello che ti stampa un sorriso sul volto e non il rossore di uno schiaffo, l’amore è racchiuso in un bacio e non in un pugno, l’amore vero è quello che unisce due corpi in uno solo e fa sì che le anime si tocchino.
Una donna deve sentirsi sempre protetta e non deve aver paura dell’uomo che ha al suo fianco.
Ma soprattutto una donna non deve temere di essere uccisa per strada solo perché non indossa il velo in modo corretto. Ritengo che l’episodio risalente a due mesi fa nella città di Teheran sia inammissibile, una ragazza di appena 22 anni, con tutta la vita davanti se l’è vista strappare in un momento da un gruppo di poliziotti che al fine di salvaguardare l’integrità morale delle persone, devono assicurarsi che l’aspetto delle donne sia coerente con i principi islamici e le regole ufficiali per il codice di abbigliamento islamico che prevede ad esempio l’utilizzo dell’hijab per coprire il corpo e parte del volto.
Queste povere creature sono costrette a vivere con il terrore di mettere un piede fuori casa e sono completamente sottomesse a queste autorità maschili.
Voglio concludere citando una frase pronunciata da un attore statunitense che mi è rimasta particolarmente impressa e che afferma: “Tutti gli uomini dovrebbero essere femministi. Se gli uomini si preoccupassero dei diritti delle donne, il mondo sarebbe un posto migliore. Siamo migliori quando alle donne viene riconosciuto il potere: questo suppone una società migliore”.
Perché il femminismo di fatto non vuole la supremazia del genere femminile ma lotta per la parità di diritti.
Aurora Gaiot, 4CL
Autrice del migliore articolo sul "Tema del mese" (novembre 2022)
I testi con menzione di merito (in ordine alfabetico)
PROTESTE E VICINANZA FEMMINILE
Immagina di trovarti in un posto a te sconosciuto. Un luogo in cui non sei mai stata, dove da distante noti le uniformi della forza pubblica. Le loro cinture sostengono diversi strumenti minacciosi e i dolorosi lamenti provenienti da vicino, pianti di donne, dilagano la stanza. Mentre si avvicinano, uno di loro estrae il manganello dalla sua custodia.
La mattina seguente, al giornale viene comunicata la scomparsa di una donna dietro la spiegazione di un improvviso “arresto cardiaco”.
Queste sono le conseguenze che aspettano alle donne che portano il velo in modo sbagliato in Iran. Questo è il prezzo di una ciocca di capelli. Questa è l’ingiustizia che moltissime donne devono subire. E questa è l’ingiusta morte di Mahsa Amini.
La notizia ha indignato le donne iraniane, che non hanno permesso che la falsa notizia passasse inosservata. Non perdoneranno l’omicidio di una ragazza che, sotto custodia delle autorità, è stata uccisa a causa di un regime maschilista che, perdipiù, ha cercato di nascondere la vera causa di morte. Perché in Iran, per le autorità, il velo non rappresenta una devozione religiosa ma solo un misogino simbolo di subordinazione politica. Tantissime sono le donne che hanno protestato contro il regime togliendosi il velo e agitandolo in aria o tagliandosi una ciocca di capelli in luoghi pubblici. Il fatto di togliersi il turbante è simbolo di sfida verso il sistema politico iraniano e verso l’oppressione nei confronti del genere femminile.
È incredibile la solidarietà femminile grazie alla quale le donne osano imporsi di fronte alle disuguaglianze e agli abusi di potere. Il coraggio improvviso di fronte alle tristi ingiustizie che danno la forza di esporsi al pericolo, nella speranza di migliorare la vita propria ma anche quella delle altre.
Le donne dell’Iran ci insegnano a rimanere unite e forti. Dobbiamo imparare a immedesimarci nei panni delle altre donne, capire la loro sofferenza per poter intervenire in loro soccorso. Proprio come hanno fatto loro. Perché quando vengono sottratti i diritti a una donna, in realtà, tutte le donne subiscono una perdita immensa.
Credo che le donne di tutto il mondo debbano prendere queste proteste come esempio. È fondamentale riuscire a provare un senso di empatia. Un senso di unione che ci porti a voler aiutare le donne che soffrono di violenze o abusi. Questa urgenza di aiutare l’ho già percepita nel mio vissuto. Sia da parte mia che da parte di altre persone, amiche, ragazze, ma anche da grandi gruppi che sono addirittura diventati organizzazioni, proprio nel nostro territorio. Un esempio vicino alla nostra realtà è quello di “VivaVittoria” di Treviso, un’opera relazionale condivisa che attraverso l’unione di quadrati in maglia donati dalle persone di tutto il mondo ricava dei fondi da donare alla Casa Rifugio del Comune di Treviso e al Centro Antiviolenza Telefono Rosa di Treviso.
Atti come questo mi ricordano che l’umanità delle persone non è persa, anzi, viene coltivata con cura. Mi ricordano del fatto che, nonostante i fenomeni sociali scuri, ci sarà sempre qualcuno che avrà il coraggio di riportare la luce. In questo caso noi, che non siamo toccate direttamente dagli abusi dell’Iran, dobbiamo coltivare la “luce” incoraggiando e mostrando il nostro supporto alle persone che ne hanno bisogno, alle donne che lottano in Iran così come alle donne che subiscono maltrattamenti o privazioni di diritti.
Valentina Maiolo, 4CT
(DIS)PARITA’ DI GENERE
La società in cui viviamo oggi è molto lontana da quella di qualche secolo fa;
telefoni con cui possiamo comunicare con persone distanti, macchine che ci permettono di percorrere nuove strade e visitare luoghi lontani, per non parlare di tutte le nuove innovazioni che ci permettono di affrontare la vita quotidiana con maggiore comodità; tuttavia, una cosa che non sembra essere cambiata di molto è la considerazione che si ha della donna rispetto all’uomo, per usare termini attuali, la parità di genere, tema che si sta facendo strada in questi ultimi anni che prevede l'uguaglianza tra i due sessi opposti.
La figura femminile per la maggior parte della storia è stata considerata come fragile e subordinata all’uomo, dove quest’ultimo occupava sempre prestigiose posizioni di potere in svariati ambiti, quali lavorativi, politici ed intellettuali, era visto come figura autoritaria in quanto fisicamente più forte e ciò gli permetteva di non lasciare libera la donna, di usarla a suo vantaggio e tante volte sfruttarla a suo piacimento:
tutto questo era molto evidente nei rapporti all’interno della famiglia, dove la moglie non aveva diritto di esprimere la propria opinione in questioni che non c'entrassero con il cucinare, lavare i piatti o badare ai bambini, anzi, molto spesso le veniva detto come svolgere queste faccende.
Come stabiliva una guida ‘alla perfetta moglie’ degli anni cinquanta:
“Non fare domande sulle sue azioni e non mettere in discussione la sua capacità di giudizio. Ricorda che lui è il padrone della casa e come tale eserciterà la sua volontà con correttezza. Inoltre, quando tornerà dal lavoro, aspetta che sia lui a iniziare il discorso e ricorda che i suoi argomenti sono più importanti dei tuoi.”
Tuttavia questi due mondi opposti nel corso degli anni sono riusciti ad avvicinarsi e a confrontarsi: la società aprì le porte per favorire possibilità di studio e di lavoro che rendevano il genere femminile pari a quello maschile.
Ad oggi questo concetto oltre ad essere di grande importanza, è molto sentito e manifestato in gran parte dalle nuove generazioni: ma alcuni si chiederanno, ora che le donne godono degli stessi diritti dell’uomo, perché portare avanti questi ideali se sono considerati normalità?
E’ vero che la donna ha il potere di gestire la sua vita, ma non bisogna dimenticare come siano stati ottenuti questi diritti: i primi tentativi di uguaglianza di genere risalgono al 1800, con le manifestazioni per ottenere il diritto di voto: è fondamentale considerare la condizione delle donne nel passato perché ciò che appare scontato oggi, è stato frutto di lotte, rivolte e ribellioni.
L’evoluzione del ruolo della donna, seppur con molti alti e bassi, ha raggiunto notevoli livelli oggi, ma la battaglia non si può considerare conclusa: ci sono ancora molti aspetti da rivalutare, molti pregiudizi da abbattere.
Prendiamo come esempio una donna ad un colloquio di lavoro. Se alla domanda
“ha mai considerato l’idea di costruire una famiglia?” essa risponda affermativamente, le sue probabilità di venire assunta diminuiranno drasticamente, in quanto il datore di lavoro considera la maternità come un problema in più, di conseguenza per lui assumere un uomo comporterà “meno problemi” e sarà favorevole.
Potreste pensare che queste siano solamente piccolezze che si supereranno con il tempo, e magari sarà così, allora prendiamo come altro esempio i paesi medio-orientali, dove la donna viene ancora considerata come vera e propria proprietà dell’uomo.
Ascoltando i telegiornali ci sarà sicuramente capitato di vedere come la maggior parte delle ragazze (se non tutte), siano tagliate fuori dall’istruzione, siano costrette dalle famiglie a sposare uomini più grandi, picchiate e maltrattate, costrette a girare completamente coperte dal burka, altrimenti rischierebbero l’uccisione.
E’ inoltre scandoloso come una donna non possa avere degli interessi considerati ‘maschili’: nella cittadina di Teheran in Iran, qualche anno fa, due ragazze per andare a vedere una partita di calcio allo stadio si sono dovute travestire da maschio, rischiando di finire, nel migliore dei casi, in prigione.
Sentendo questo ci scandalizziamo e ci chiediamo come sia possibile, ma la questione è molto chiara. Nei paesi avanzati dal punto di vista economico, esistono sì differenze sociali, ma ben molto più lievi rispetto ai paesi più arretrati:
siamo convinti che nel mondo occidentale sia tutto diverso, che ormai non ci siano più differenze tra uomini e donne. È finito il tempo in cui la donna era relegata ad un ruolo di secondo piano, quello in cui doveva preoccuparsi solo di badare alla casa, al marito e ai figli.
Viviamo nella convinzione del ‘chi non vede non crede’, e quindi non immaginiamo che le libertà che vengono ora considerate normalità, in realtà in molti paesi siano ancora viste come “la luce in fondo al tunnel”.
Giulia Pais De Libera, 4CL
PARITÀ DI GENERE
Mahsa Amini. Prima del 16 settembre 2022 pochi conoscevano questo nome, probabilmente molti ancora non lo conoscono. Tehran, Iran ci troviamo in ospedale, quando una ragazza di 22 anni perde la vita. Ci troviamo davanti a strane circostanze, per poi scoprire la verità. Arrestata, picchiata, uccisa. Perché? Non portava correttamente il velo.
Indubbiamente questa frase ci porta alla riflessione, tanti pregiudizi diventano oggetto di commento e critica. Critica verso una religione che alcuni ritengono oppressiva, che obblighi le donne a coprirsi e che le consideri inferiori all’uomo. Ciò che molti non sanno o non vogliono capire è che l’uso del velo è prima di tutto una scelta personale, che ogni donna fa o non fa. Informandoci meglio scopriamo poi che questo copricapo non è stato introdotto dalla religione islamica. Nel XII secolo a.C., in Mesopotamia vigeva infatti l’obbligo di esso in pubblico a ogni donna sposata. L’utilizzo del velo era comune quindi a tutte le donne, basti pensare anche a Maria, madre di Gesù, uno dei capi saldi della religione cristiana. La religione islamica però prevede l’obbligo del suo utilizzo nelle sacre scritture, ciò che invece non fa la religione cristiana, per questo con il tempo è rimasto un simbolo dell’islam ma non del cristianesimo, che invece l’ha solo mantenuto per le donne che pronunciano pubblicamente i voti.
Scorrendo sul mio telefono ho trovato un video di Tasnim Ali, una ragazza musulmana abbastanza conosciuta sui social che spiega che il velo è si un obbligo religioso, ma rimane comunque una scelta, se non lo indossi è qualcosa che rimane tra te e Dio e nessuno può mettersi in mezzo. Il velo è simbolo di pudore e devi fare la scelta di indossarlo, spiega, è fiera di indossare il velo come lo sono altre migliaia di ragazze.
Il problema sorge nel momento in cui questo copricapo diventa un pretesto per picchiare una ragazza. Imporre il velo all’interno di una Stato non è corretto, non è corretto perché non diventa più un simbolo d’amore verso questa religione, ma un simbolo di oppressione, di chiusura. Analogamente questo accadde in uno Stato che non permette di indossare l’Hijab perché ciò indicherebbe una mancanza di rispetto verso una religione.
Mahsa però non è l’unica donna ad essere stata uccisa, e probabilmente non sarà neanche l’ultima. Ce ne saranno altre: islamiche, cristiane, ebree, più giovani, più vecchie, con la pelle più scura e con la pelle più chiara; e ci saranno altre motivazioni: religione, tradimento, amore, gelosia.
Le donne subiscono da sempre ingiustizie, sul posto di lavoro, per strada, in televisione, per farla breve nella vita quotidiana. In quanto donna vieni pagata di meno, questo ci dicono le statistiche fatte dall’Unione Europea, nel 2021 le donne guadagnavano in media il 14% in meno rispetto agli uomini, dato significativo.
Altro argomento che molte volte lascia il tempo che trova e su cui si discute molto poco è la paura che ogni donna ha ogni volta che esce di casa. Di Giorno. Di Notte. La paura di essere toccate, di ricevere fischi, commenti poco graditi. Avere paura di vestirsi scollate. Avere paura di mettersi una gonna un po’ più corta del solito. Per poi coprirsi e scoprire che è solo l’essere donna che ti rende vulnerabile. Quante volte vedrai un uomo superarti, quante volte vedrai che lui può e tu no. L’esempio più banale che possiamo fare è quanto poco vengano considerate le donne nello sport. Calcio. Basket. Pallavolo. Questi sono solo alcuni sport in cui si riconoscono di più i meriti dei maschi rispetto a quelli delle femmine.
Che mondo, eh?… Un mondo in cui essere donna fa un po’ paura. Fa un po’ paura pensare che potrò venire trattata diversamente da un uomo. Fa un po’ paura uscire di casa. Fa un po’ paura l’amore. Fa un po’ paura si, ma questa paura sarà quella che mi spinge, ci spinge, a ribellarci, a lottare, a cambiare questo mondo. Forse un po’ troppo vecchio. Un po’ troppo patriarcale.
Beatrice Ranieri, 4CL
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