Fare teatro: viaggio in un nuovo mondo
- La redazione
- 23 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 2 giorni fa
Entrare a far parte del gruppo di teatro è stato, per me, come aprire una porta su un nuovo mondo. All'inizio ero un po' titubante, non sapevo cosa aspettarmi, né se sarei riuscita a esprimermi davvero davanti agli altri. Ma sin dai primi incontri ho trovato un ambiente accogliente, in cui ogni voce aveva il suo spazio e dove il giudizio lasciava il posto all’ascolto. Con il passare delle settimane, le persone che erano inizialmente sconosciute sono diventate compagni preziosi. Ci siamo sostenuti a vicenda, ci siamo raccontati, abbiamo condiviso emozioni, fragilità e sogni. Durante le prove, c'è stato un momento in cui il nostro gruppo ha davvero fatto un salto di qualità: non stavamo più solo recitando, stavamo raccontando storie che ci toccavano da vicino. Nel mio caso, il personaggio che interpretavo viveva una profonda lotta con un disturbo alimentare. Entrare nei suoi pensieri, nelle sue emozioni, nel suo dolore, è stato difficile ma anche molto formativo. Ho dovuto scavare, ascoltare testimonianze, mettermi nei suoi panni. E, in parte, anche nei miei, perché tutti almeno una volta hanno provato quella sensazione di non essere abbastanza, di volersi nascondere o cambiare per sentirsi accettati.
Tornando a noi, la sera dello spettacolo è stata un'esplosione di sensazioni. Emozioni inspiegabili, tanta adrenalina, tanta ansia, ma anche tanta voglia di splendere sul palco come solo noi abbiamo dimostrato di saper fare. Ricordo l’attesa dietro le quinte, i respiri profondi, le mani che stringevano i compagni per farsi coraggio. Poi, quando le luci si sono accese e ho pronunciato le prime battute, tutto è diventato reale. In quel momento non ero più io, ma il mio personaggio, con tutta la sua fragilità e il suo desiderio di essere ascoltata. Guardare negli occhi il pubblico e percepire il loro silenzio, sentire che stavano ascoltando davvero è stato potentissimo.
Questa esperienza mi ha lasciato dentro molto più di quanto mi aspettassi. I disturbi alimentari non sono solo un problema legato al cibo, sono una manifestazione di un disagio interiore più profondo, spesso invisibile agli occhi degli altri. Riguardano il corpo, certo, ma anche la mente, l'autostima, le relazioni. Spesso chi ne soffre si sente incompreso, giudicato o addirittura ignorato. Interpretare questo personaggio mi ha insegnato che la cosa più importante che possiamo fare è ascoltare, senza fretta e senza pregiudizi. Il teatro, in tutto questo, ha avuto un potere incredibile, quello di unire, di far riflettere, di creare empatia. È stato un viaggio dentro di me e dentro gli altri. E ne sono uscita più consapevole, più sensibile e, in un certo senso, anche più forte.
Ringrazio tutte le persone che hanno fatto parte di questo progetto. Inizio dai miei meravigliosi compagni, con cui ho instaurato rapporti unici e che sono infinitamente grata di conoscere, gli addetti alle luci, alla musica, ai microfoni, ecc.. Grazie per aver avuto pazienza e per averci dato un’enorme mano nella realizzazione di questo progetto. Grazie infinitamente ai professori di riferimento, che oltre ad essere degli insegnanti favolosi sono anche delle persone sensibili, empatiche, dolci, con cui personalmente mi sono trovata a casa. Non poteva capitarmi di meglio. Ma soprattutto un enorme grazie va al professor D’Amico, che oltre ad essere un talentuoso attore e regista è una persona buona, spiritosa, accogliente, che ci ha sempre trasmesso il suo amore per l’arte del teatro. Ma, cosa più importante, ha sempre creduto in noi, fin dal primo giorno. É stata un’esperienza indimenticabile che sicuramente rifarò ogni volta che ne avrò la possibilità. Ogni singola battuta, ogni singola scena, fino alla fine.
Alba Allushaj, 2CT
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