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La redazione

L'incivile civiltà

Angelo Del Boca illustra, tramite il suo libro Italiani, brava gente?, quelli che furono i massacri compiuti dall’esercito italiano in Africa negli anni del colonialismo. Egli evidenzia come atti di violento razzismo e repressione dei popoli conquistati venissero insabbiati, considerandoli come giusti e morali, dall’ideologia perversa secondo la quale il dolore inflitto alle popolazioni indigene fosse necessario per portare, in quei luoghi, la civiltà europea. L’autore mette in luce tale indegna falsità attraverso dichiarazioni lasciate da generali e colonnelli dell’epoca, nelle quali si legge la crudele indifferenza verso la violenza perpetrata durante lo Scramble for Africa.

Sebbene si pensi che tali comportamenti immorali potessero essere “giustificati” all’epoca per via del fatto che dilagava ancora una comune ignoranza per quanto concerne i diritti umani e per l’affermazione, in quegli anni, di studi scientifici che confermavano l’esistenza di razze umane, fenomeni in cui la violenza viene utilizzata in nome della civiltà sono ancora presenti. Tali episodi si possono riscontare nel mondo odierno non solo sotto forma di atti barbarici compiuti da intere nazioni verso altri stati o popoli, bensì anche da piccole azioni compiute da singoli o da gruppi ristretti contro un determinato soggetto. Queste ultime sono assai numerose e si riscontrano in ogni parte del mondo come frammenti taglienti di uno stesso specchio che riflette solo odio, ignoranza e insensibilità.

Questo fenomeno si vede infatti concretizzato in guerre come quella tra Russia e Ucraina ed Israele e Palestina. In entrambe, un popolo sembra voler rivendicare l’appartenenza di determinati territori che sembrano spettargli di diritto. Esse hanno interesse a conquistare quei luoghi non solo per interessi economici e politici, ma anche per portarvi la loro civiltà. In entrambi i conflitti, le motivazioni che hanno portato ad attaccare l’altra nazione vengono mascherati da ragioni “civili”. Ad esempio, la Russia ritiene che il suo attacco all’Ucraina sia corretto moralmente, in quanto quei popoli e quei territori una volta appartenevano ad essa e, pertanto, le spettano di diritto. Attraverso tale “giustificazione” alle barbarie compiute, trapela l’idea di dover riconquistare un popolo per poterlo civilizzare secondo i propri principi. Non è questo l’intento “civile” di una qualsiasi guerra? Lo Stato che parte alla conquista è sempre convinto di essere maggiormente sviluppato e civilizzato ed è sicuro che, inglobando i territori, estenderà la sua cultura, rafforzandola. Ecco che i concetti di barbarie e civiltà appaiono ancora accostati l’uno all’altra.

Tuttavia, il binomio barbarie-civiltà appena citato si può riscontare anche nella normale vita di tutti i giorni. Basti pensare al bullismo. Per quale motivo un bullo maltratta la sua vittima costringendola a fare cose che non vuole fare, a dire cose che non vuole dire o, addirittura, picchiandola e molestandola fisicamente e mentalmente? Perché sembra volergli attribuire una certa condotta sfogando, invece, solamente le sue frustrazioni. Quante volte si è sentito dire: “Fai questo, altrimenti non farai mai parte del nostro gruppo”; oppure: “Se vuoi essere uno di noi dei fare questo”; o ancora: “Ma noi lo facciamo solo per farti imparare, perché ci teniamo a te...”.

Essenzialmente, voler “civilizzare” qualcuno significa impartirgli delle punizioni perché impari la lezione. Può, perciò, esser considerato un fenomeno facente parte delle “barbarie-civiltà” anche il femminicidio? Sì. Nulla, in questi giorni, ha fatto più rumore dell’uccisione di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta. Cosa voleva l’ex? Solamente insegnarle che o stavano insieme o lei non avrebbe potuto stare con nessun altro. Come risposta alle ribellioni della ragazza, Filippo ha ben pensato di castigarla con la morte. Ecco che il perverso concetto di “barbarie-civiltà” si presenta nelle nostre vite tutti i giorni e sotto diverse forme; tutte, però, portano ad un unico risultato: l’ingiustificata violenza data dall’ignoranza, che causa un infinito dolore.


Camilla Cuzzuol

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