Testimonianze di Vittoria Aversa, Susanna Curtolo, Irene D’Auria, Giulia Magoga, Emma Portello, Tena Radicevic, Tania Cate Zanchetta (4^AL).
A cura di Chiara Chies
Dal 18 al 23 novembre gli alunni della 4^AL sono stati ospiti della capitale tedesca e della sua storia. Della loro esperienza hanno costruito un piccolo particolare “diario di viaggio” – che condividono con i lettori di NewStudents - fatto come la città stessa: pezzi di immagini, frammenti, foto e ricordi: fotogrammi che scorrono lungo un muro. Questi scatti descrivono una città che hanno definito “caotica, piena di storia e con un passato difficile, da cui bisogna imparare”.
Visitare Berlino è un’avventura nella profondità di coloro che per anni sono stati costretti a non vivere; un’esperienza che aiuta ad avvicinarsi a tematiche così importanti che studiarle in classe non basta. La storia insegna, ma per capire veramente bisogna incamminarsi nei luoghi che ci sembrano più assurdi, analizzarli da più punti di vista, mettersi un po’ nei panni di chi ha vissuto nel passato. Una cosa è vedere le foto su Internet e leggere i libri di scuola, un’altra è visitare i luoghi, vedere con i propri occhi, rendersi davvero conto di ciò che è stato!

Il simbolo della città è il suo muro, o, meglio, ciò che resta di esso. Un muro che ricorda vicende passate, ma che richiama anche i muri odierni che ci sono nel Mondo ed i muri interiori che le persone a volte costruiscono e che, con il tempo, bisogna riuscire ad abbattere.
“Ho dipinto il muro della vergogna affinché la libertà non sia più vergogna. Questo popolo ha scelto la luce dopo anni di Inferno dantesco.
Tieni Berlino i miei colori e la mia fede di uomo libero”. (Fulvio Pinna)
Questa scritta, disegnata su una parte del muro, attira immediatamente l’attenzione. I colori sono vividi e sgargianti; le decorazioni floreali rendono piacevole alla vista una parete che è stata e resta segno di morte. Il tema della vergogna ricorre spesso; basti citare la lettera che il presidente John Fitzgerald Kennedy mandò al sindaco Willy Brandt riguardo la decisione di dividere la città.
Ho potuto provare questa emozione grazie al percorso formativo che abbiamo fatto attraverso Berlino: la dittatura di Hitler mi ha fatto capire come un popolo indifeso possa essere manipolato e il muro mi ha fatto riflettere sul concetto di unione. A queste vicende storiche si contrappone la libertà. Il messaggio che l’artista vuole dare è l’importanza di essere liberi. Io in questa città mi sono sentita così.
Un altro artista ha scritto sul muro tutti gli anni in cui la città è stata divisa e ogni pallino rosa corrisponde ad una vittima che ha perso la vita nel tentativo di fuggire dalla DDR. Le morti ufficiali sono circa 140, ma si pensa che ce ne siano molte di più. Questo dipinto si trova nella East Side Gallery, il museo a cielo aperto che percorre un pezzo del muro e che esprime il potere della cultura e della creatività nel promuovere la memoria storica e la coesione della città. I murales della East Side Gallery riescono a raffigurare il dolore e la sofferenza del passato con bellezza e a usare il passato come un esempio e un mònito per il futuro. I principali valori che si colgono solo la libertà, l’umiltà e la dignità umana, la vergogna e la speranza in un futuro libero. Oggi assistiamo a divisioni di ogni tipo, sempre più violente. I colori che irrompono sui resti del muro di Berlino stanno lì a testimoniare che l’umanità è capace di creare dolore, ma è anche capace di creare bellezza.
La storia del muro è molto importante, ma forse, molto spesso, non viene ricordata come dovrebbe, perché ciò che ha interessato non solo la Germania, ma tutto il mondo, in quel periodo, lo ritroviamo anche oggi ed è argomento estremamente attuale. Da un anno, infatti, vediamo riaprirsi vecchie ferite e ritornare vecchi rancori, in particolare verso gli Ebrei. Infatti, visitare il Museo ebraico è stato particolarmente toccante. Il Museo ebraico a Berlino è luogo di riflessione e suscita pensieri profondi. Un particolare mi ha sconvolto.

“Der Gelbe Stern” (la stella gialla) era cucita sui vestiti degli Ebrei, perché venissero riconosciuti e discriminati. L’obbligo di indossare quella stella era giustificato da un pensiero comune, alimentato da coloro che avevano il potere; questo ci fa capire come la mente umana possa essere influenzata da chi esercita autorità. Oggi penso che il concetto di libertà sia sottovalutato, nonostante ci siano Paesi in Europa e nel Mondo intero in cui la libertà non è garantita. Berlino insegna a non dare per scontata la libertà, perché tutto ad un tratto i cittadini tedeschi si sono trovati divisi da un muro per 28 anni e a causa di esso hanno visto morire centinaia di persone.

La scultura “Pietà” è stata realizzata dall’artista tedesca Käthe Ida Kollwitz. L’opera si trova all’interno della “Neue Wache” (Nuova Guardia), edificio in passato utilizzato per scopi militari. La statua riproduce una madre che sorregge il corpo del proprio figlio, morto in guerra. Realizzata in pietra nera, grazie ad un gioco di luci artificiali sembra essere dorata e questo rappresenta come nei momenti più bui si possa essere raggiunti dalla luce necessaria a rendere migliore la situazione. Questo monumento commovente vuol lasciare un messaggio di speranza a tutti coloro che subiscono dei lutti, anche non connessi alla guerra.
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