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  • La redazione

Giorno della memoria. Oggi come ieri: il genocidio degli Uiguri in Cina.

Aggiornamento: 18 feb 2021

Dal Giorno della Memoria al racconto di un genocidio in atto: la storia degli Uiguri

Lo scorso 27 gennaio, come ogni anno, è stata celebrata la Giornata della Memoria, una ricorrenza internazionale per commemorare le innocenti vittime della Shoah, al fine di non dimenticare gli orrori del passato e imparare a non sottovalutare i segnali di intolleranza e i soprusi che si insinuano nel nostro vivere civile e nella nostra quotidianità.

Sebbene questo avvenimento abbia traumatizzato l’uomo, ancora oggi si manifestano sentimenti di odio e razzismo. Basti pensare a pochi mesi fa, quando c'è stata l’uccisione di George Floyd, un civile afroamericano da parte di un agente di polizia bianco, negli Stati Uniti. Non va tuttavia dimenticato che, a ricordare terribilmente quello che mise in pratica Adolf Hitler più di 76 anni fa, oggi c'è la repressione sistematica nei confronti degli uiguri da parte del Governo Cinese.

Chi sono gli uiguri?

Gli uiguri sono una popolazione di circa 11 milioni di persone situata nella regione autonoma dello Xinjiang, nel nord ovest della Cina. Una minoranza musulmana, turcofona sotto il mirino di Pechino.

Perché risulterebbero scomodi al PCC (Partito Comunista Cinese)?

Dagli anni ’90, con la disgregazione dell’Unione Sovietica prima e poi con il crollo delle Torri Gemelle nel 2001, si è intensificata la repressione di Pechino. Difatti il governo ha avviato una campagna contro la minoranza uigura fatto che ha comportato la detenzione di un milione di loro. I provvedimenti presi da Pechino vengono giustificati in quanto necessari per una lotta al terrorismo. Sta di fatto però che risultano essere squilibrati se confrontati con la reale minaccia di estremismi. Senza contare inoltre che il PCC classifica come “terrorismo” ogni forma di critica al regime e ogni attività politica mirante all’indipendenza o alla vera autonomia della regione.

Amnesty International, nel marzo 2017, ha affermato che il governo cinese ha considerato come estremismi atteggiamenti come farsi crescere la barba, indossare l'hijab, astenersi dal bere o dal fumare. Non solo il governo cinese discrimina tali comportamenti, ma essi, se reiterati, sono motivo di internamento nei campi di “rieducazione”.

La presunta motivazione dietro le politiche repressive è da ricercare nelle spinte indipendentiste dello Xinjiang e dei suoi abitanti, che minacciano la stabilità e l’integrità della Cina. Difatti, il potere del PCC si basa sul consenso della popolazione e sul relativo appiattimento delle singole identità, motivo per cui rivendicazioni su base etnica e religiosa non sono ben viste da Pechino.

Esistono quindi campi di internamento per uiguri?

La prova dell’esistenza di questi siti risale al 2018 quando una fotografia satellitare della cittadina di Dabancheg mostrava una serie di giganteschi edifici grigi, punteggiati da 16 torri di guardia e circondati da un muro di 2km. In queste costruzioni, che Pechino ha riconosciuto nel 2018 come “centri di formazione professionale”, gli uiguri vengono controllati fisicamente e mentalmente affinché rinneghino le proprie convinzioni ed elogino il partito comunista. Un processo di de-islamizzazione volto a sradicare le origini di un intero popolo.

Nello stesso anno un’inchiesta del quotidiano Bitter Winter, ha confermato l’esistenza, nello Xinjiang, della più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnico-religiosa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Si può parlare di genocidio?

Lo scorso giugno, un’analisi realizzata dall’antropologo Adrian Zenz e pubblicata dall’Associated Press, ha rivelato che Pechino costringerebbe centinaia di migliaia di donne uigure alla contraccezione forzata a base di iniezioni e inserzioni di spirali, di interventi chirurgici di sterilizzazione e persino di aborti contro la loro volontà. Rifacendosi alle statistiche del governo cinese, fra il 2015 e 2018 nello Xinjiang, si è passati da quasi 22 nascite l’anno ogni mille abitanti a circa 8. Sono dati che portano molti esperti a parlare di “genocidio demografico”, in quanto è definibile tale l’“imporre misure con lo scopo di ridurre le nascite”.

A confermare ancora il trattamento inaccettabile riservato alle donne uiguri, è il tweet dove qualche giorno fa l’account della rappresentanza diplomatica cinese scrive “macchine per bambini”. Post subito rimosso da Twitter in quanto viola le regole contro la “disumanizzazione”.

Quali sono stati i provvedimenti presi a sostegno di questa minoranza?

Con l’approvazione del Uyghur Forced Labour Prevention Act, la Camera dei Rappresentanti degli USA ha stabilito per qualsiasi prodotto confezionato attraverso l’uso del lavoro forzato e proveniente dallo Xinjiang la presunzione legale. Saranno le imprese ad avere l’onere di dimostrare il contrario al fine di permettere alle importazioni l’entrata nel paese.

Il campione del mondo francese e attaccante del Barcellona Antoine Griezmann ha annunciato, qualche mese fa, di avere posto un «termine immediato alla partnership con Huawei», spiegando di avere «forti sospetti» che il gigante dell'high tech abbia contribuito allo sviluppo di tecniche di riconoscimento facciale mirate a sorvegliare la minoranza musulmana in Cina.

Recentemente, Papa Francesco per la prima volta riferendosi agli uiguri dice “è un popolo perseguitato”, riconoscendoli essere vittime di violenze fisiche e psicologiche per mano di Pechino.

Parole però inaccettabili per la Cina, che le respinge come falsità etichettandole come «prive di fondamento».

Qual è la posizione dei paesi a maggioranza musulmana?

Il basso profilo tenuto dai Paesi del Golfo, del Medio Oriente e del Nord Africa così come dagli Stati centroasiatici sulla questione dimostra chiaramente come gli accordi commerciali con la Cina e i relativi investimenti siano ben più importanti della sorte della minoranza musulmana dello Xinjiang. Solo per fare alcuni esempi, l’Arabia Saudita ha firmato da poco accordi per il valore di 70 miliardi di dollari con la Cina.

Come risponde la Cina?

Durante il congresso tenutosi tra il 25 e il 26 Settembre a Beijing, Xi Jinping ha descritto i campi di internamento come dei semplici centri educativi. Palesando il bisogno di “incorporare nell’educazione una consapevolezza condivisa della nazionalità cinese nei giovani, nei bambini e nella società dello Xinjiang,” oltre a quello di “fare in modo che tale consapevolezza metta radici nel profondo dell’anima.”

Il Giorno della Memoria dovrebbe suscitare in noi una riflessione su quanto il progresso non sempre coincida con il rispetto dei diritti dell'uomo, della sua vita e della sua dignità. Il tragico passato di discriminazioni, razzismo, sistematica eliminazione di minoranze etniche è ancora tra noi. In attesa un cambiamento di rotta, non cessiamo di alzare la voce per condannare ciò che sta accadendo nello Xinjiang.

Nadia Wafir


Sitografia delle fonti:


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