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  • La redazione

ARABI OLTRE GLI STEREOTIPI

Aggiornamento: 2 mar 2020

Non tutto quello che il cinema ci presenta è la verità, nemmeno l’unica storia che ci viene raccontata lo è. 

Nonostante le miriadi di stereotipi, è necessario diffondere la consapevolezza che non tutti gli uomini arabi sono terroristi e barbuti e che non tutte le donne sono sottomesse e senza libertà di scelta.


Quando pensate agli arabi cosa vi viene in mente?

Di certo non un padre amorevole o una donna in carriera. Questo perché, nell’immaginario dominante, sono dipinti come brutti, sporchi e cattivi.

Non vi dovete sentire in colpa, se sono queste le immagini che vi sono balenate in mente alla mia domanda. Questi sono stereotipi talmente radicati nella nostra società che nessuno si pone il problema di verificarne l’autenticità.

Alla diffusione di questi preconcetti ha favorito soprattutto la produzione cinematografica. 

Pensate all’ambientazione tipicamente araba: la palma fa da padrone nella maggior parte dei  film, e quasi mai una rappresentazione dell’albero di olivo, come se nessun regista si fossi mai  accorto che molti paesi arabi sono mediterranei.

Anche ai bambini vengono proposti cartoni animati che dipingono questa cultura in modo offensivo e negativo. Un esempio è il notissimo Aladdin della Disney: i due protagonisti hanno la pelle chiara e stranamente Aladdin è raffigurato con lineamenti occidentali. Invece, tutti gli altri arabi connotati negativamente, sono raffigurati con la pelle scura. 

Naturalmente i loro atteggiamenti sono violenti e non mancano scene in cui a chi ruba una mela si presagisce il famigerato taglio della mano.


“Arabi, tutti terroristi!”

Nel mondo post 11 settembre i termini “arabo” e “musulmano” si associano a “terrorista”, dopo essere passati dall’immagine dell’arabo lascivo dell’harem, a quello dell’arabo ricco grazie alla vendita del petrolio.

La stessa locandina di Charlie Hebdo era la riproposizione dello stereotipo dell’arabo brutto, cattivo e sporco. Il turbante di questa  figura, che rappresenterebbe il profeta, non è di certo un turbante di seta. La stoffa ci appare grezza, così come gli abiti. La testa inoltre ricorda la figura stilizzata di genitali maschili rozzamente agghindati.

Questo tipo di stereotipi alimentano pregiudizi che possono veicolare odio e terrore. 

In questo caso, come sappiamo tutti, la redazione Charlie Hebdo ha subìto un attentato nel gennaio 2015. Un atto ingiustificabile in quanto, come afferma Isaac Asimov: “La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”.


La “Compassione” verso le donne arabe.

Nelle scene dei film molti arabi muoiono come mosche e, nella maggior parte delle persone, non suscitano alcuna emozione.

La pietà viene riservata alle donne sottomesse perché velate, oppresse dagli uomini delle loro famiglie, oppure alle “spose bambine” o a quelle  “uccise vive”.

Sia chiaro, il femminicidio in Oriente è un problema come in Occidente, d'altronde il patriarcato è uguale ovunque si presenti.

Ma ragionare in termini di stereotipi non aiuta di certo queste donne a emanciparsi. Se questi preconcetti continuano a dominare, quando mai qualcuno considererà le donne arabe e musulmane libere, intraprendenti e autonome?

Sembrerebbe incredibile, eppure ci sono donne arabe e musulmane che rappresentano tutto questo: Halima Aden, prima modella in burkini e hijab su Sports Illustrated al motto: “ non cambiare te stessa, cambia il gioco”. Noor Tagouri, prima giornalista musulmana americana a debuttare su Playboy abbattendo anche lei enormi tabù. Insieme a loro, molte altre.

 

Il cambiamento è nelle nostre mani.

Tocca a noi spingere i mezzi d’informazione dei nostri Paesi a raccontarci altre storie, perché tra gli arabi invisibili ci sono atleti, scrittori, scultori e professori. 

Mostrare alle persone un'unica faccia fa credere che quella sia l’unica vera.

Un'unica rappresentazione nutre purtroppo quelle ideologie violente che poi sfociano in islamofobia e razzismo.

Per questo, ogni giorno, io cerco di essere la miglior versione di me stessa, al fine di dimostrare che non tutti siamo terroristi, come non tutti gli italiani sono mafiosi. A causa degli errori di pochi, ci troviamo a sopportare il peso degli stereotipi. Col tempo e l’impegno, ognuno di noi può abbatterli.


Nadia Wafir




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