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  • La redazione

"Io capitano"

Quando sentiamo la parola immigrazione, la prima cosa che ci viene in mente è quel barcone che attracca alle coste del Sud Italia con a bordo centinaia di persone che semplicemente si aggiungono a quelle già arrivate nei mesi e negli anni precedenti. 

Il film “Io capitano” tratta questo tema, ma riesce a sradicare idee preconcette che lo riguardano, anche se molto diffuse. L’approccio è davvero del tutto diverso, forse perché è basato su una storia vera. Abbiamo avuto la fortuna di vederlo in anteprima. 

Seydou e Moussa, due cugini sedicenni originari del Senegal, decidono di partire per raggiungere l'Italia e realizzare il loro sogno di diventare affermati cantanti e musicisti e di esibirsi sui palcoscenici d’Europa, soprattutto per assicurare alle loro famiglie una casa, il cibo e una vita dignitosa. Quindi i due ragazzi non se ne vanno dalla loro terra per sfuggire a guerre civili, a condizioni climatiche sfavorevoli, a miseria, persecuzioni o discriminazioni: queste sono generalmente le cause dei movimenti migratori. L’opera cinematografica di Garrone, finalista al Premio Oscar, porta sullo schermo l’avventura di questi due minorenni che, a fronte della promessa di un viaggio sicuro, si trovano però a subire situazioni drammatiche: abbandonati nel deserto, sotto il sole cocente del Sahara, fermati dai mafiosi, derubati dei soldi, separati e rinchiusi in prigione.  I due ragazzi, che avevano fatto molti sacrifici per procurarsi i soldi per il viaggio, hanno rischiato diverse volte di perdere la vita nel tentativo di trovarne una migliore.  

Il regista mette lo spettatore di fronte anche a scene crudeli: torture, sequestri, maltrattamenti... Il film è molto duro e suscita sensazioni di angoscia, ricreando perfettamente lo stato d’animo dei due protagonisti. 

Mentre guardavano il film, abbiamo riflettuto sul fatto che noi tendiamo a lamentarci per qualsiasi piccola cosa che non vada secondo le nostre aspettative, mentre molti nostri coetanei nel mondo hanno il problema di trovare un pezzo di pane per sopravvivere; abbiamo pensato anche al modo di viaggiare: noi saliamo su comodi aerei, con tutti i comfort e le sicurezze, mentre loro si trovano a viaggiare su imbarcazioni di fortuna. Chi gestisce il traffico dei profughi non tutela in alcun modo queste persone, che vengono trattate come merci.  

Un altro tema che è stato messo in risalto è quello della famiglia, attraverso la descrizione dei numerosi momenti che i ragazzi trascorrevano insieme, in serenità e semplicità, nonostante le condizioni difficili di vita.  

Ci hanno colpito molto il coraggio di questi due giovanissimi e l’amicizia tra loro: forte, leale, incrollabile, quasi incredibile. Infatti, abbiamo colto l’importanza di scegliere i nostri compagni di strada, perché le persone che stanno al nostro fianco ci possono dare la giusta direzione, la forza e l’aiuto necessari per vivere. 

Al termine della visione del film si è tenuta un’interessante discussione tra gli studenti e le organizzatrici dell’incontro, sui temi dell’immigrazione. In questa fase ci siamo resi conto che nella nostra società sono radicati stereotipi e pregiudizi; c’è un’innegabile difficoltà ad accogliere chi è diverso. Non dobbiamo dimenticare che tutti gli esseri umani sono mossi dal desiderio/bisogno di stare bene. Chi è costretto a lasciare la propria patria porta con sé tanta tristezza che lo accompagna per tutta la vita, come spesso ci testimoniano i nostri nonni emigrati nel secolo scorso. 

“Io capitano” ci ha ricordato molto un altro film, visto a scuola: “Irina’s Wow”, che racconta la fuga degli Ebrei dalla Polonia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche in quella situazione c’erano persone costrette a lasciare il loro Paese e a vivere nell’angoscia e nel terrore, temendo ogni istante per la propria vita. 

Inoltre, ci ha fatto tornare alla mente la vicenda raccontata nel film “Le nuotatrici”, in cui due sorelle originarie della Libia attraversano il mare per raggiungere la Germania e avere speranza di un futuro migliore. 

Abbiamo apprezzato molto la scelta del regista di far parlare i protagonisti nella loro lingua madre, di presentare le tradizioni e la cultura dei loro territori, strategia effettivamente coinvolgente. Il film è straziante, ma davvero formativo. Ci ha toccato nel profondo. 

La visione di “Io capitano” è stata un’occasione per far maturare in noi una sensibilità diversa rispetto al fenomeno dell’immigrazione e vorremmo che anche voi, lettori di Newstudents poteste riflettere tenendo presenti queste informazioni. Notiamo che molte persone preferiscono chiudere gli occhi di fronte ai problemi, guardare da un’altra parte per evitarli, ma non riteniamo che sia un atteggiamento responsabile. 

Anche confrontarci con ragazzi della nostra età e con una persona esperta è stato molto formativo: abbiamo preso consapevolezza delle tante informazioni sbagliate che circolano sull’immigrazione. 

Il film si conclude con la scena in cui i migranti vedono l’Italia; non viene presentato il seguito, probabilmente perché quello che succede dopo lo vediamo tutti e lo sappiamo già. Bisogna dire, comunque, che non è da trascurare l’aspetto dell’accoglienza: una società multiculturale richiede attenzioni e politiche intelligenti e lungimiranti ed un approccio non superficiale o ideologico. 

 

BEATRICE CAIS, ALESSANDRO DA RE, RENATO FACCHIN, AURORA FREZZA, BENEDETTA GATTO, GIADA FERRARACCIO, GIADA INGENITO, ILARIA PRIZZON - 4^AT 

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